Cervello e selezione sessuale
GIOVANNI ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 01 dicembre 2018.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: AGGIORNAMENTO/RECENSIONE]
La ricerca
sulla selezione sessuale assume che ciascun individuo tenda a cercare un
partner per l’accoppiamento di alta
qualità genotipica, espressa attraverso un fenotipo attraente,
caratterizzato da elementi o segnali
sessuali, che si sono evoluti proprio come indicatori di valore selettivo.
Tale assunto, derivato direttamente da una delle tesi darwiniane, ha ricevuto così
tante prove a sostegno, fin dall’inizio delle osservazioni sperimentali, che può
considerarsi una certezza; tuttavia, non si può escludere che in questa scelta
di cruciale importanza per la sopravvivenza delle specie intervengano altri
fattori e siano seguiti anche altri criteri.
Due
ricercatori portoghesi, Gomes e Cardoso, hanno
seguito la traccia di una tesi nota agli studiosi di evoluzione animale, ma
solo raramente sottoposta a verifica sperimentale: spesso può essere più
importante riconoscere ed evitare dei
partner di bassa qualità biologica,
riducendo la probabilità di gravi penalizzazioni della fitness. Usando la tecnica della simulazione, hanno rilevato che
l’evitamento di compagni di bassa qualità evolve in particolari circostanze
socio-ecologiche, quali la monogamia con moderate opportunità di scelta, scelte
costose o abbondanza di potenziali partner di bassa qualità. Gomes e Cardoso, nel loro studio qui recensito, dimostrano
che questa strategia è qualitativamente diversa e ben distinta dalla scelta di
un membro del sesso opposto di alta qualità genotipica; scelta, quest’ultima,
che avviene preferendo il partner qualitativamente superiore anche a quelli di
qualità media.
(Gomes A. C. R. & Cardoso G. C.,
Choice of high-quality mates versus avoidance of low quality mates. Evolution
– Epub ahead of print doi:
10.1111/evo.13630, Nov. 13, 2018).
La provenienza degli autori è la seguente: CIBIO Center for Investigation in Biodiversity,
University of Porto, Campus Agrario de Vairao, Vairao (Portogallo); Behavioral Ecology Group, Department of Biology,
University of Copenhagen (Danimarca).
La ratio del comportamento studiato dai due
ricercatori può così essere sintetizzata: invece di selezionare segnali
fenotipici collegati con la qualità genotipica alta, la strategia consiste
nell’evitare i portatori di bassa qualità, riconoscendone segnali e segni quali
elementi distintivi da tutto il resto dei potenziali compagni di accoppiamento.
L’esistenza
di quest’altro criterio di scelta può contribuire a spiegare la grande varietà
di segnali sessuali presenti in natura, e il loro ricambio nel corso
dell’evoluzione, con frequenti perdite e sostituzioni, invece di semplici
variazioni quantitative con aumenti e riduzioni dello stesso segnale.
I criteri
di scelta del partner costituiscono, a nostro avviso, una traccia di paradigma
funzionale di base sul quale si modella un insieme di processi cerebrali
elementari. Infatti, è ragionevole ipotizzare che le attività del sistema
nervoso centrale indotte dai bisogni
primari, ossia quelli che richiedono di essere soddisfatti per la
sopravvivenza dell’individuo, e dai bisogni
secondari, cioè quelli dalla cui soddisfazione dipende la sopravvivenza della
specie, costituiscano un nucleo per l’evoluzione del cervello stesso.
Lo studio
dei criteri di scelta del fenotipo sessuale per l’accoppiamento, può dunque
avere importanza per comprendere alcuni aspetti all’origine degli schemi
cognitivi dai quali deriva una componente dell’intelligenza animale.
In questi
giorni è apparso, nella pubblicazione elettronica che precede la stampa, uno
studio su tre specie del moscerino della frutta Drosophila dal quale si evince
che i criteri di scelta sessuale siano più ricchi e meno schematici di quanto
attualmente si intenda.
(Roy P. R. & Gleason J. M., Assessing
the Use of Wing Ornamentation and Visual Display in Female Choice Sexual
Selection. Behavioral Processes – Epub ahead of
print doi: 10.1016/j.beproc.2018.10.010, 2018).
La provenienza degli autori è la seguente: Department of Ecology and Evolutionary Biology,
University of Kansas, Lawrence, KS (USA).
In
biologia evoluzionistica, una parte considerevole del dimorfismo sessuale è
prevalentemente attribuito alla selezione sessuale. Quando le differenze tra i
sessi sono di aspetto ornamentale, la cultura darwiniana, sulla base della
prova fornita da migliaia di specie, vuole che sia in questione la scelta da
parte della femmina. Nelle specie di Drosophila caratterizzate
dalla presenza di macchioline sulle ali, durante il corteggiamento il maschio
si pone di fronte alla femmina esibendo, attraverso il battito alare, il pattern di melanizzazione
presente sul margine esterno, che si ritiene funga da segno attrattore.
Roy e Gleason
hanno verificato sia la preferenza della femmina per le macchie sulle ali del
maschio, sia il ruolo della vista nel successo dell’accoppiamento di tre specie
del moscerino di frutta e aceto, appartenenti al gruppo suzukii:
Drosophila biarmipes, Drosophila suzukii e Drosophila subpulchrella. Per valutare la preferenza femminile per
le macchie alari, i due ricercatori hanno rimosso la macula con un nuovo metodo
non invasivo e hanno messo in competizione maschi privi di aree pigmentate con
maschi provvisti di due macchie. Gli esperimenti sono stati allestiti ed
analizzati in modo da eliminare l’effetto potenziale del comportamento
competitivo sul successo dei maschi. La componente visiva è stata indagata
mediante il confronto fra realizzazione di accoppiamenti al buio e alla luce.
Sebbene
sia stata rilevata una differenza tra le tre specie nell’importanza della
percezione visiva diurna, il ruolo della luce è apparso essenziale per tutti i
moscerini osservati. Dunque, la scelta delle femmine richiede una buona
visualizzazione dei maschi. L’analisi dei risultati ha però rivelato che la
presenza di macchie alari non costituisce il segnale prescelto dalle femmine
per la decisione circa il maschio da preferire.
Questo
studio indica la presenza di altri criteri di non immediata evidenza intuitiva,
che sicuramente intervengono nella scelta del partner già in specie
filogeneticamente poco evolute, quali quelle di questi tre insetti, il cui
sistema nervoso è di una semplicità schematica non paragonabile nemmeno al più piccolo
dei circuiti cerebrali di un mammifero.
Dunque, se
i criteri di scelta sono più articolati di quanto finora si è creduto in
organismi così semplici quali gli insetti, è lecito attendersi una varietà e
complessità notevole nei mammiferi più evoluti. In proposito è opportuno
ricordare la difficoltà intrinseca nel riconoscere sulla base dell’osservazione
del comportamento criteri di scelta diversi da quelli basati sulla preferenza
per un carattere evidente, quali i colori e le dimensioni della coda di un
pavone o della criniera di un leone. In un recente incontro, dal quale è
scaturito questo aggiornamento, discutendo della difficoltà di riconoscere i
criteri che influenzano la scelta del partner quando gli elementi di attrazione
non sono costituiti da tratti fenotipici ben evidenti, il nostro presidente ha
ricordato il ruolo dei ferormoni. Nella maggior parte dei casi, però, gli
istituti e i gruppi di ricerca che studiano la segnalazione chimica
interindividuale a distanza sono diversi da quelli che indagano in chiave
etologica la selezione sessuale.
È
comprensibile che, in questa branca della ricerca, la sperimentazione condotta
sui primati sia quella che maggiormente susciti interesse da parte di
ricercatori impegnati in altri settori della ricerca neuroscientifica, oltre
che da parte di tutti coloro che sono incuriositi dalle origini filogenetiche
del comportamento umano.
Macaca mulatta (Simia rhesus) è una scimmia della famiglia dei Cercopitecidi con
il 97,5% di sequenza del DNA in comune con l’uomo[1], un cervello prossimo a quello delle maggiori
scimmie antropomorfe, un basso dimorfismo sessuale e un comportamento molto
interessante da studiare per fini comparati. I macachi vivono in comunità
organizzate, il cui ordine sociale è stato definito da studi condotti per vari
decenni. Le regole di comportamento osservate da questi primati e i
condizionamenti basati sulle consuetudini, facilitano il rilievo delle ragioni
che portano alle eccezioni individuali o a condotte meno frequenti. Durante i
periodi estrali gli accoppiamenti avvengono in genere all’interno del gruppo di
appartenenza, ma a questa regola si osservano frequenti eccezioni.
Una vasta
gamma di specie presenta il fenomeno della paternità extra-gruppo che, sebbene
si ritiene possa determinare benefici riproduttivi, espone a problemi entrambi
i sessi. I parametri di gruppo e popolazione che incidono sull’entità del
fenomeno sono bene conosciuti, ma non si sa molto circa le caratteristiche
individuali che portano sia i maschi che le femmine a scegliere una modalità
riproduttiva alternativa quale questa.
Ruiz-Lambides e colleghi
hanno studiato una popolazione di macachi di Cayo
Santiago in Porto Rico (USA), combinando dati demografici a lungo termine con
dati genetici, per cercare di definire le caratteristiche dei maschi e delle
femmine che influenzano la probabilità di accoppiamento extra-gruppo.
(Ruiz-Lambides
A. V., et al. Which male and female characteristics
influence the probability of extragroup paternities
in rhesus macaques, Macaca mulatta? Animal
Behavior 140: 119-127, 2018).
La provenienza degli autori è la seguente: Junior Research Group of Primate Kin selection,
Department of Primatology, Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology,
Leipzig (Germania); Behavioral Ecology Research Group, Institute of Biology,
Faculty of Bioscience, Pharmacy and Psychology, University of Leipzig, Leipzig
(Germania); Cayo Santiago Field Station, Caribbean
Primate Research Center, University of Puerto Rico, Punta Santiago (Porto
Rico).
L’analisi
condotta dai ricercatori è stata finalizzata a comprendere condizioni e
circostanze che modellano la distribuzione
e l’occorrenza dei rapporti
sessuali delle femmine con maschi che non appartengono al proprio gruppo.
I
risultati mostrano, in contrasto con quanto atteso da Ruiz-Lambides
e colleghi, che le femmine di più alto rango sociale del gruppo presentano una
probabilità significativamente maggiore di quelle di basso rango di generare
prole con partner extra-gruppo. La probabilità di questa riproduzione non
ordinaria non è significativamente correlata all’età, né dei maschi né delle
femmine, non è in rapporto con il ruolo del maschio in seno alla comunità di
appartenenza, né con il grado del suo successo riproduttivo precedente. Ancora,
è risultato che in questo tipo di accoppiamento non sono importanti caratteristiche
genetiche comuni dei due partner per l’aumento o la riduzione di probabilità
che avvenga. È invece stata osservata una regolarità suggestiva: in ogni
stagione degli amori, coincidente con la fase riproduttiva del ciclo estrale
dei macachi, la prole, originata da questi rapporti con individui esterni
all’insieme sociale di appartenenza delle femmine, nasce quasi sempre prima, in
ordine di tempo, di quella generata dagli accoppiamenti convenzionali.
Presi
insieme, gli elementi emersi da questo studio suggeriscono che attributi
individuali da approfondire e aspetti stagionali creano differenti opportunità
e preferenze all’origine della scelta del rapporto extra-gruppo, quale tattica
riproduttiva alternativa.
Ruiz-Lambides e
colleghi rilevano che gli schemi osservati di paternità extra-gruppo sono
coerenti con l’ipotesi della scelta di accoppiamento della femmina in grado di
determinare benefici genetici, ed auspicano la conferma di quanto da loro
registrato e interpretato da parte di studi futuri.
L’elemento
di questo studio che più di altri attrae il nostro interesse è la maggiore
probabilità di rapporti con maschi esterni al gruppo da parte delle femmine di
più alto rango, nella gerarchia sociale del tipico ordine che regola la
convivenza dei macachi. Il rango più elevato corrisponde in genere a maggiori
abilità cognitive, non necessariamente in quanto dotazione che funga da
prerequisito, e forse, almeno in parte, quale conseguenza di un maggiore
esercizio intellettivo derivato da un maggiore potere d’azione o, se si vuole, da
minori restrizioni derivanti da vincoli di sottomissione o dipendenza. Si
comprende l’interesse suscitato dall’ipotetica elaborazione individuale che
determina la scelta. Infatti, mentre le decisioni di accoppiamento di animali
filogeneticamente poco evoluti possono essere descritte in termini di
alternative in un piccolo repertorio di associazioni stimolo-risposta tipico
della specie, le scelte comportamentali derivanti dai processi del cervello di
primati molto evoluti si possono considerare, sia pure in una forma molto
elementare, il portato di una logica individuale.
L’autore
della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per
la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni
di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni
Rossi
BM&L-01 dicembre
2018
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scientifica e culturale non-profit.
[1] Dalla scoperta del fattore “Rh”
(da Rhesus) da parte di Landsteiner
e Wiener, Macaca
mulatta (o Macacus rhesus) è tra i primati più studiati nelle
scienze biomediche.